Thursday, September 10, 2009

La vita di un afgano non vale niente

"I raid americani in Afganistan uccidono civili perfino tra gli invitati alle feste di nozze. Ma gli americani si commuovono solo per la morte di Michael Jackson".

(...) ho pensato che il mondo non si interessa alle vittime civili di una guerra lontana. Il merito è di un articolo del giornalista Anand Gopal sul villaggio afgano di Garloch, nella provincia orientale di Laghman, dove all'alba di un giorno d'agosto del 2008 gli elicotteri statunitensi hanno compiuto un raid di sei ore. "Hanno sganciato una bomba sulla casa di Haiji Qadir, un signore che ospitava una festa di nozze, uccidendo sedici persone." (...) Nella guerra in Afganistan, che dura da quasi otto anni, il bilancio delle vittime dei matrimoni forse è modesto rispetto al totale. Ma in realtà nessuno sa quante nozze - rari momenti di festa in un Paese che da trent'anni ha poco da festeggiare - siano state distrutte dai raid americani. (...) Non fatemi parlare poi di quei tristi riti importanti quanto i matrimoni : i funerali. Quelli non li ho contati, ma non significa che Washington e i suoi alleati non abbiano bombardato anche i funerali in Afganistan. In questi giorni gli Stati Uniti e i mezzi di informazione si sono scatenati sulla morte di Michael Jackson. Il Presidente Obama ha inviato una lettera di condoglianze alla famiglia e quasi due milioni di persone si sono registrate per ottenere uno dei 17.500 biglietti gratuiti per i funerali.

Tutti sanno che Michael Jackson è morto, ma nessuno sa che noi americani abbiamo bombardato una festa di nozze dopo l'altra in Afganistan. Uno di questi lutti - la morte di Jackson - ha poco a che fare con noi, gli altri sono una nostra responsabilità. Eppure uno occupa tutte le prime pagine dei giornali, gli altri passano inosservati.

Penserete che da qualche parte c'è spazio per notizie minori : quelle spose, quegli sposi, quei parenti e quegli invitati meritano almeno un angolino di prima pagina. Penserete che un Presidente o un alto funzionario di Washington avrà mandato un biglietto di condoglianze a qualcuno. Ma la verità è che quando si tratta di vite afgane non importa se vengono bombardate cinque o cinquanta feste di nozze.

(...) Ma, come spesso succede, il passato ci insegna che per gli americani una vita afgana non vale niente. A proposito di Vietnam, il generale William Westmoreland, intervistato dal regista Peter Davis per il documentario Hearts and minds, disse :"L'orientale non dà alla vita lo stesso valore che dà un occidentale. La vita vale poco in oriente". All'epoca molti statunitensi, Davis compreso, pensavano che una vita vietnamita valesse quanto una americana. Ma negli anni della guerra in Afganistan gli americani hanno fatto delle parole di Westmoreland uno stile di vita e di guerra. Così la maggior parte degli americani ha potuto fingere che la guerra in Afganistan non abbia niente a che fare con loro, mentre la morte di Michael Jackson sì (...). (Tom Engelhardt, Internazionale n.804, 17/23 luglio 2009 - Tom Engelhardt è uno storico e un giornalista statunitense. E' il fondatore del sito www.tomdispatch.com)

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